Gattascosa e Pioltone (2612)- Val Bognanco

Data della gita: 20-21 febbraio 2016
Difficoltà escursionismo: EEI (escursionisti esperti con attrezzatura invernale)
Tempi di percorrenza: 1°giorno: salita al rifugio 1h45′

2°giorno: dal rifugio al Pioltone 1h50′, discesa a S.Bernardo 2h18′

Dislivello: 1050 m
Lunghezza del percorso: da S.Bernardo al Gattascosa 3,5km, dal Gattascosa al Pioltone 2,4km, dal Pioltone a S.Bernardo 5,6km totale: 11,5km.
Percorso: San Bernardo (1620)- Rifugio San Bernardo (1630)- Rifugio Gattascosa (1993) con cena e pernottamento- Passo di Monscera (2103)- Pizzo Pioltone (2612)- Alpe Monscera (1978)- Arza (1754)- Rifugio il Dosso (1740)- S.Bernardo (1620)
Accesso alla località di partenza: Statale del Sempione, uscire a Domodossola e prendere la direzione di Bognanco, risalire la valle verso San Lorenzo, proseguire fino San Bernardo
Partecipanti 18: Stefano e Luigi (capigita), Roberto C., Beppe, Dario, Roberto G., Fabio, Emilio, Salvatore, Emilia, Raffaella, Daria, Annalisa, Paolo, Andrea, Jessica, Natalia e Fabio.
Meteo: alla sera pioviggine e ventoso, il giorno dopo venti impetuosi e limpido, temperature alte per la stagione.

Escursione con le ciaspole nella splendida alta Val Bognanco. Condotta da Stefano e Luigi la gita vede la partecipazione di 18 escursionisti. Ripetiamo l’esperienza già fatta due anni fa. In realtà nel programma iniziale era prevista solo la salita al chiar di luna, cena al rifugio e rientro in serata. Poi, in seguito alle adesioni, abbiamo deciso di prolungare l’uscita con il pernottamento e l’escursione il giorno successivo su una meta da stabilirsi in loco. La scarsità del manto nevoso di questo strano inverno e le condizioni meteo previste (vento e alte temperature) guideranno le nostre scelte. Inoltre, nella mattinata di domenica, si svolgerà in questi luoghi il “Tour del Monscera”, competizione scialpinistica di grande richiamo.
Avvicinandoci in auto vediamo con sorpresa che, mentre dappertutto il tempo è sereno, sui monti il cielo è coperto. Raggiungiamo in auto il parcheggio di San Bernardo (1620) e, calzate subito le ciaspole, iniziamo la marcia con il primo buio. Sono le 18.30, non c’è vento, ci sono 0°C ed un lieve nevischio ci accompagna. Il percorso, su manto nevoso di 30cm è ben battuto e si procede senza difficoltà. Superato il rifugio San Bernardo (1630) ci inoltriamo nella pineta su tratti pianeggianti. La via prende a salire decisamente mentre sopraggiunge il vento previsto e veniamo bagnati da una leggera pioviggine, segno che le temperature si sono alzate. Attraversato un ampio pianoro affrontiamo le ultime rampe di salita tra larici che si fanno via via più radi. Oltrepassato un colle veniamo accolti dalle luci del rifugio Gattascosa (1993), la meta odierna. Ci sistemiamo nelle camere e consumiamo la cena a base di pasta con ragù e polenta e spezzatino, ovviamente accompagnata da vino rosso. Buona la sistemazione, buona la cena e la cordialità di Dodo, il rifugista. Unico neo che procura disagio è il bagno: non c’è acqua corrente e l’acqua viene portata con taniche in motoslitta. Passiamo la notte nel rifugio mentre fuori c’è un vento impetuoso con forti folate.
Al mattino abbiamo la sorpresa di trovare neve già molliccia e bagnata. Mentre facciamo colazione decidiamo il da farsi. Scartata l’ipotesi Verrosso sul versante nord decidiamo di provare la salita al Pioltone. Il versante sud della montagna è praticamente libero da neve e, anche se il forte vento ci condizionerà, si può fare. Non abbiamo fretta quindi cogliamo l’occasione di vedere i primi passaggi del “Tour del Monscera” con i concorrenti che scendono dalla bocchetta di Gattascosa e passano dal rifugio.
Calzate le ciaspole iniziamo la marcia sulla pista, battuta da motoslitte, che attraversa il piano dell’Alpe Monscera , passa da Arza e arriva a San Bernardo. Giunti all’altezza del passo Monscera lasciamo la pista deviando verso alcuni mottoni che conducono all’attacco della via sud. Salendo viene a mancare la neve. Siamo nella conca del Passo del Monscera, la zona più esposta al vento. Le folate rendono l’equilibrio precario e, spesso, è necessario fermarsi per affrontare le raffiche. Le condizioni sono estreme ed iniziano le prime rinunce. Praticamente ci dividiamo in due gruppi: uno sale alla cima, il secondo scende per proseguire sulla pista. Il terreno è praticamente sgombro da neve per cui decidiamo di lasciare gli zaini con l’inutile armamentario (ciaspole, ramponi, picozza, arva, pala e sonda) in una conca lungo la via di salita. Raggiungiamo l’attacco della via segnata da radi bolli rossi. Sul ripido ma regolarissimo pendio proseguiamo la salita tra sfasciumi instabili. Solo su pochi tratti incontriamo neve. La maggior difficoltà sta nel contrastare il vento impetuoso. Seguendo la via estiva (impensabile in questo periodo dell’anno), arriviamo alla cima del Pizzo Pioltone (2612) coperta da manto nevoso. La vista dalla vetta è impagabile: dal vicino e imponente Monte Leone al trittico del Sempione, a tutta la Val Bognanco e l’arco alpino. Dopo le foto di rito iniziamo con prudenza la discesa più o meno la stessa via di salita. Tornati alla conca recuperiamo gli zaini e proseguiamo la discesa ritrovando la pista battuta. Nel frattempo la neve si è ulteriormente allentata. Alcuni di noi tornano a calzare le ciaspole, altri proseguono senza. Non c’è molta differenza. Passiamo dall’Alpe Monscera (1978) e, attraversato il piano scendiamo ad Arza (1754). Al rifugio “Il Dosso” (chiuso, riapre a maggio) ritroviamo i nostri compagni e, con loro scendiamo al ponte sul Rio Rasiga, da dove risaliamo a San Bernardo (1620) concludendo la nostra escursione. Scendendo a valle ci fermiamo per una birra e uno spuntino, tradizionale conclusione di una due giorni che il nostro gruppo ha trascorso in allegria e armonia.

Che bello il nostro gruppo! Eterogeneo e variegato con in comune la passione per la montagna. Ognuno con la sua storia, il suo bagaglio di esperienza, le sue speranze, i sogni, ma anche le delusioni, i dolori e le preoccupazioni. Caratteri diversi, opinioni e convinzioni diverse. Abilità, capacità e preparazioni diseguali. Per qualche strana alchimia sui sentieri di montagna ognuno trova la sua dimensione, il suo ambiente in comunione con i compagni e la natura. Nello zaino che ci portiamo non c’è posto per le preoccupazioni della vita quotidiana, le abbiamo lasciate a casa; dall’alto ci appaiono piccole e meschine, niente al cospetto degli orizzonti lontani. Una fuga, anche solo temporanea, dalla vita quotidiana regolata da rigidi schemi ci consente di riappropriarci del ritmo naturale che la frenesia del mondo moderno ci ha tolto. L’obbiettivo comune è passare una giornata insieme condividendo gioie e fatiche. Il senso del cammino non è la conquista della meta ma il cammino stesso.

dm

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