San Fedelino (traversata da Sorico a Casenda)

Data della gita: 29 ottobre 2017
Difficoltà : E(escursionistico) EE la discesa a San Fedelino
Tempi di percorrenza: 6h12′ (4h35′ di cammino, 1h37’soste)
Dislivello: 600m
Lunghezza del percorso: 14,6 km
Percorso: Sorico (213)- San Miro (314)- Corzone- Masina- Prati Meriggi- Dascio (203)- Sasso di Dascio (277)- Case Borzi- Sas di Mort (492)- bivio- Salto delle Capre (329)- San Fedelino (200)- San Giovanni all’Archetto (204)- Casenda (210)
Accesso alla località di partenza: Statale SS340 della sponda occidentale del Lago di Como in direzione di Sondrio. Fermarsi a Sorico, ampi parcheggi liberi nei pressi della scuola materna.
Accesso alla località di arrivo: Da Sorico proseguire in direzione Chiavenna sulla SS36, a Novate Mezzola svoltare in direzione del Ponte Nave. Superato il ponte svoltare a sinistra verso Casenda e fermarsi nel posteggio della scuola.
Partecipanti: 10: Dario (capogita), Andrea, Domenico, Maurizio, Leo, Roberto, Frank, Irene, Elena, Jessica.
Meteo: bello, inizialmente fosco a causa di incendi boschivi, in seguito limpido a causa del favonio.

Gita di interesse storico- paesaggistico lungo l’antica Via Regina. Percorso che porta dalle sponde dell’Alto Lario al cuore della Val Chiavenna passando dal tempietto di San Fedelino, antico monumento romanico situato in un ambiente unico e suggestivo. Per effettuare la traversata ci siamo organizzati portando le auto all’arrivo e tornando con gli autisti al punto di partenza.

L’Antica Via Regina era una strada tracciata sulla sponda occidentale del Lago di Como e metteva in comunicazione Como con Chiavenna e quindi con Coira. Dagli antichi documenti stradali romani (Itinerario Antonino e Tabula Peutingeriana) risulta una via di terra alternativa alla via di lago. La via di lago, in epoca romana, era certamente più praticata che la via di terra. In una giornata di navigazione era possibile arrivare a Como partendo da Summo Lacu, cioè sommità del lago (l’attuale Samolaco), poco distante da Chiavenna. La via di terra richiedeva 3 giorni di faticoso cammino. Da Chiavenna partivano le vie dei valichi alpini: il Cunus Aureus (Passo dello Spluga), il Giulio (Julierpass) e il Settimo, passo che è rimasto una mulattiera.
La tradizione popolare attribuisce alla Regina Teodolinda la costruzione di questa strada, ma non ci sono documenti che giustifichino questa ipotesi. Pare che sia una diceria nata dai turisti inglesi dell’ottocento. Il tratto da Sorico a Chiavenna è chiamato anche Via Francisca.

Da Sorico (213) attraversiamo la statale e, seguendo i cartelli, prendiamo la stradina rossa parallela alla strada, superati due ponticelli pedonali passiamo accanto alla Torre Nuova, antica torre di avvistamento ora adibita ad abitazione privata. Di fronte alla torre si trova un grosso masso che copriva la grotta dove nel 1381 morì San Miro. La via diventa una ripida e ben tenuta scalinata che sale nel bosco. Incontriamo la fonte di San Miro, edicola col la sorgente fatta scaturire, secondo la tradizione, dal santo. Un portico adduce al sagrato della chiesa di San Miro (314), da cui si gode una vista stupenda sul primo tratto del Lago di Como. Siamo fortunati: la chiesa è aperta e possiamo visitarla ed apprezzare i bellissimi affreschi del XV e XVI secolo.

San Miro è un santo venerato per la miracolosa capacità di elargire pioggia in periodi di siccità. Nacque a Canzo nel 1345 e dopo aver dato i suoi beni ai poveri condusse vita solitaria come eremita in una grotta sopra il paese natale e come pellegrino sui colli di Roma. L’ultimo viaggio lo portò a Sorico dove morì nel 1381. Le sue spoglie sono conservate sotto l’altare della chiesa di San Miro che, in origine, era dedicata a San Michele.

Dopo aver invocato anche noi San Miro per porre fine a due mesi di siccità riprendiamo il cammino. Proseguiamo in leggera salita passando tra le case di Corzone. Ignoriamo la deviazione dei Monti Lariani e proseguiamo per la frazione Masina dove scendiamo sulla strada asfaltata e porta ad Albonico. Seguiamo la strada pianeggiante che passa dai Prati Meriggi per deviare a destra sulla mulattiera che scende all’abitato di Dascio (203). Facciamo una deviazione per andare a visitare il porticciolo e per una sosta al bar. Riprendiamo il sentiero che sale al Sasso di Dascio (277), area di sosta con cappella degli alpini, da cui si gode un ottimo panorama sul Pian di Spagna.

La riserva naturale del Pian di Spagna e Lago di Mezzola è un’area protetta che comprende il Lago di Mezzola e il pianoro tra esso e il Lago di Como. E’ una zona umida molto frequentata dalla fauna migratoria. Il Pian di Spagna è una pianura alluvionale formatasi con l’apporto detritico del fiume Adda. In epoca romana il lago di Mezzola era tutt’uno con quello di Como e l’Adda sfociava nel lago di Mezzola. Nel 1520, in seguito ad una forte alluvione, in una notte la foce del fiume traslò di 2km a sud. Ciò causò l’impaludamento delle aree circostanti e di conseguenza la malaria si sviluppò notevolmente. L’alluvione provocò la chiusura dei collegamenti via terra tra le valli e si rese necessaria la costruzione della Strada dei Cavalli sul lato opposto del lago di Mezzola. Il Pian di Spagna, per la sua posizione alla base delle alpi, ebbe una notevole importanza strategica. Nel seicento era sotto dominazione spagnola (da qui il nome) e sulla collina di Montecchio est venne costruito il forte di Fuentes che restò presidiato per due secoli e passò sotto dominazione austriaca fino alla distruzione nel 1796 ad opera dei francesi. Nel 1858 le opere di bonifica canalizzarono l’Adda portandolo a sfociare direttamente nel lago di Como. 

Proseguiamo su un’ampia strada sterrata che porta alle Case Borzi dove la via, improvvisamente, diventa sentiero che scende nel bosco e porta ad attraversare il torrente dell’Acqua Bianca sul ponte in sasso detto delle Valene. Una ripida salita ed una successiva discesa porta nella valle del torrente dell’Acqua Marcia che oltrepassiamo su un ponte di legno. Il sentiero ora sale decisamente fra resti di cave di granito e alternando tratti nel bosco e tratti di bassa vegetazione mediterranea. Lungo il percorso troviamo grosse rocce levigate che fungono da punti panoramici sul lago di Mezzola. Arriviamo sulle rocce del Sas di Mort (492), punto più elevato di giornata, dove ci concediamo la pausa-pranzo in posizione panoramica. Riprendiamo il cammino su ripida discesa, resa insidiosa dal terreno instabile e dalla presenza di foglie. Arriviamo al bivio fra le due vie per San Fedelino: la via normale in 1h e la via classificata EE in 20′. Optiamo per quella più breve che ci porta alla terrazza panoramica, protetta da funi metalliche, del Salto delle Capre (o Mot di Bec)(329). La terrazza è affacciata al Pozzo di Madrone, insenatura con pareti a picco sul lago. Dopo le foto iniziamo con attenzione la ripida discesa che richiede, a tratti, l’uso delle mani. L’ultimo tratto è tra massi di un’antica cava di granito. Arriviamo al prato davanti a San Fedelino. Prima di visitarlo ci spostiamo alla vicina e suggestiva baia con spiaggia, dove si trova il pontile per l’attracco delle barche. Volendo effettuare una gita da Dascio col ritorno in barca è possibile, accordandosi preventivamente, chiamare un numero (esposto sul luogo) e farsi venire a prendere. Andiamo a visitare il piccolo oratorio di San Fedelino (200) che da oltre mille anni se ne sta lì, silenzioso e solitario, ad osservare il placido scorrere del fiume Mera. Speravamo di trovare il custode che aprisse la chiesa. L’orario di apertura è 14-17 sabato, domenica e festivi da aprile ad ottobre. Oggi è l’ultimo giorno di apertura ma non arriva nessuno. Il tempio è dedicato a S.Fedele, che qui subì il martirio.

San Fedele è stato l’evangelizzatore della Chiesa di Como. Legionario romano si convertì al cristianesimo e per questo fu perseguitato da Massimiano, imperatore d’occidente e nemico del cristianesimo. Con i suoi compagni fuggì da Milano. Vennero raggiunti e uccisi a Como dalle truppe imperiali, solo Fedele si salvò e proseguì la fuga sul lago. I sicari dell’imperatore lo raggiunsero in questo luogo e, al rifiuto di rinnegare la religione cristiana, venne ucciso, decapitato e sepolto sul luogo. Un piccolo oratorio fu costruito per conservare le reliquie. Siamo sul finire del III secolo. Nel 964 San Fedele apparve in sogno ad una donna di Gordona e le indicò dove erano sepolti propri resti. Il vescovo di Como recuperò le reliquie e le trasportò in pompa magna nella chiesa di Sant’Eufemia che, in seguito fu dedicata a San Fedele. Sul luogo del martirio fu costruito l’attuale tempio che, a causa delle dimensioni ridotte, è stato chiamato San Fedelino.

San Fedelino è una delle più antiche testimonianze dello stile romanico in Lombardia. La struttura è a pianta quasi quadrata di 3,5m di lato con abside orientata ad est verso il sole nascente. La facciata è addossata alla montagna. Dei molti dipinti resta parte di un affresco nell’absidiola raffigurante Cristo fra gli angeli. Vero e proprio gioiello in miniatura la chiesetta è rimasta inalterata grazie al suo isolamento. Attorno al mille il tempio rivestì importante rilievo poiché tutti gli abitanti della zona furono qui battezzati. Nell’alto medioevo cadde nell’oblio anche a causa dell’alluvione che nel 1520 tagliò i collegamenti via terra su questo lato del lago ed il collegamento principale divenne la Strada dei Cavalli sul lato opposto. Col passare degli anni l’oratorio e subì più oltraggi: fu fortino degli spagnoli, ricovero per animali e ripostiglio per scalpellini della vicina cava. Due restauri (nel 1901 e nel 1992) resero l’aspetto attuale. Una particolarità è il fatto che pur essendo in territorio comasco (comune di Sorico), la chiesa appartiene alla parrocchia di Novate Mezzola (provincia di Sondrio).

Riprendiamo il cammino su percorso pianeggiante lungo il fiume. Per superare uno sperone roccioso saliamo su uno scalone metallico per ritrovarne un altro in discesa. Arriviamo al bivio col sentiero proveniente da Dascio dove possiamo ammirare lo “scalone della regina” imponente ed antico muro di pietra che sostiene la scalinata. Proseguiamo costeggiando il fiume quindi superiamo due ponticelli su altrettanti canali e dopo qualche saliscendi arriviamo alla chiesa di San Giovanni all’Archetto (204), edificio medioevale che ha subito sopraelevazioni a causa delle alluvioni detritiche. Restano i muri perimetrali, il campanile e un dipinto dell’800 raffigurante San Fedele con San Giovanni Battista. Proseguiamo in piano su sterrata che si immette sulla strada asfaltata che ci porta a Casenda (210) dove ritroviamo le nostre auto.

dm

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