Data della gita: | 10 novembre 2019 |
Difficoltà escursione : | E |
Tempi di percorrenza: |
Andata: 1h45′ a Savogno (+20′ sosta), 2h30′ a Dasile. Sosta a Dasile: 1h00′. Ritorno: 15′ a Savogno (+ 1h30′ visita e sosta), 3h00′ a Borgonuovo (20′ pausa). |
Dislivello: | 680m |
Lunghezza del percorso: | 8,2km |
Percorso: | Borgonuovo di Piuro (418)- Cascate dell’Acqua Fraggia (440)-Sarlone (444)- sentiero panoramico delle cascate- sentiero del Pigion- mulattiera- Savogno (932)- Dasile (1050)- Savogno (932)- mulattiera- Stalle dei Ronchi (592)- Sarlone (444)- Borgonuovo di Piuro (418) |
Accesso alla località di partenza: | Cuveglio- dogana Ponte Tresa- Lugano-dogana di Gandria/Oria- Porlezza- Menaggio- Sorico- Chiavenna- direzione St. Moritz- Borgonuovo (110km di auto). |
Partecipanti: |
10: Dario (capogita), Leo, Emilio, Mauro, Maurizio, Franco, Elena, Irene, Greta, Jessica. |
Meteo: |
Meteo: bello, limpido, passaggi nuvolosi nelle ore centrali |
Facile escursione nella Val Bregaglia italiana alla scoperta del borgo di Savogno. Di origine medioevale, è uno degli insediamenti rurali di mezza costa meglio conservati delle alpi.
Il 2019 è l’anno del cammino lento e questa gita ne rappresenta lo spirito, cioè il godersi ogni attimo del cammino perchè le mete raggiunte acquistino un altro fascino. Quello della consapevolezza.
Lasciamo le macchine presso la moderna chiesa di Borgonuovo di Piuro ed iniziamo il cammino su stradina asfaltata pianeggiante. Dopo poche centinaia di metri deviamo a sinistra e, tra i prati, arriviamo alla base delle imponenti cascate gemelle dell’Acqua Fraggia dove si infrangono i flutti che precipitano dall’alto causando la nebulizzazione dell’acqua da cui si origina un microclima particolare con rare specie arboree.
Le cascate dell’Acqua Fraggia sono un monumento naturale di notevole importanza e interesse. L’origine del nome deriva da “acqua fracta”, acqua spezzata, quindi torrente interrotto da cascate. Apprezzate anche da Leonardo che le cita nel suo Codice Atlantico: “Trovandosi a passare per la Valle di Ciavenna…su per detto fiume (Mera) si truova chadute di acqua di 400 braccia le quale fanno belvedere…”
L’origine delle cascate deriva dal tipo di roccia, particolarmente dura, presente nella parte bassa della valle laterale. La valle principale (Val Chiavenna), dalla forma ad U si è generata dall’escavazione che il ghiacciaio produsse al concludersi dell’ultima era glaciale (20.000 anni fa). Le valli laterali, con i loro ghiacciai pensili, modellarono le rispettive valli generando nella parte terminale delle gole scavate dalle acque dei fiumi. Le acque dell’Acqua Fraggia, a causa delle rocce dure, non sono riuscite a scavarsi il percorso ma si sono trovate a saltare nel vuoto.
Oggi, a causa delle recenti piogge, la portata d’acqua delle cascate è notevole e lo spettacolo offerto è affascinante. Notiamo la simmetria dei due getti divisi in parti uguali. Ci concediamo un po’ di tempo per ammirare questa meraviglia della natura e per vari scatti fotografici. E’ d’obbligo la foto di gruppo davanti alla cascata; assolto questo compito, riprendiamo il cammino.
Ci spostiamo alle poche case della frazione di Sarlone dove, al bivio, svoltiamo a sinistra sul sentiero panoramico delle cascate. La via diventa ripida e, ben presto, si trasforma in una scala con gradini di sasso e cemento. Il sentiero è attrezzato anche con corrimano e scale metalliche nei punti più difficoltosi. Guadagniamo quota e raggiungiamo un bivio. Teniamo la sinistra che, in piano, ci conduce al primo terrazzo panoramico. Siamo nel punto intermedio dove le acque si frangono sulla roccia e tornano a precipitare sul fondovalle. Ammiriamo la formazione dell’arcobaleno a causa della presenza di acqua nebulizzata e i raggi del sole. Tornati al bivio riprendiamo la salita e, superata una gola rocciosa e 2 scale metalliche raggiungiamo il secondo terrazzo situato sul piano sommitale delle cascate e delimitato da corde metalliche. Siamo sulla conca dove le acque di dividono in due parti uguali prima di precipitare nel vuoto. Dopo le foto riprendiamo il cammino sul sentiero che porta ad attraversare il fiume su un oscillante ponte di corda. Ci immettiamo sul sentiero del Pigion, proveniente da Sant’Abbondio, e proseguiamo la salita costeggiando il fiume. Superato un ponte di legno, da cui si ammira a monte una bella cascata che cade un una pozza, ci riportiamo sulla sinistra orografica della valle. Ci discostiamo dal fiume andando ad intercettare la mulattiera principale. Saliamo la scalinata che ci porta al cospetto dell’impressionante muraglione che sostiene la chiesa di Savogno. Sul sagrato della chiesa, che offre ampie panoramiche, ci concediamo una sosta ristoratrice. E’ mezzogiorno ed optiamo per proseguire subito il cammino e dedicarci al ritorno alla visita del borgo. Scendiamo al ponte che oltrepassa il fiume e proseguiamo sulla bella mulattiera che, in 20 minuti, ci porta agli ampi pascoli del borgo rurale di Dasile da cui si godono ampi panorami. Sostiamo nei pressi della chiesetta dedicata a S.Giovanni Battista (eretta nel 1689) per lo spuntino e quindi prendiamo la via del ritorno. Sulla stessa mulattiera torniamo a Savogno. Visitiamo il borgo apprezzandone i caratteristici peculiari aspetti.
Savogno è un borgo di mezza montagna di origine medioevale. Dai rapporti delle visite vescovili risulta abitato da 2-300 abitanti nel medioevo. La popolazione, con andamenti alterni, restò cospicua fino al secondo dopoguerra, quando il progressivo spopolamento, causa la mancanza di strade, portò all’abbandono nel 1967 dell’ultima famiglia che si trasferì a valle. Il borgo non fu abbandonato completamente poiché è presente un rifugio aperto nei fine settimana tutto l’anno e nei mesi estivi vi trascorrono le vacanze diversi villeggianti. Secondo wikipedia risulta abitato stabilmente da 1 persona.
La chiesa, dedicata a S.Bernardino fu costruita nel 1465. Il campanile, costruito 20 anni dopo conserva la fisionomia originaria. San Luigi Guanella vi fu parroco dal 1867 al 1875. Un suo busto sul sagrato della chiesa lo ricorda come promotore di diverse opere pubbliche. Le case sono disposte a scalare sul pendio per esporsi meglio al sole. Lunghi e stretti loggiati in legno ne coprono le facciate. Diversamente dagli altri villaggi montani dove alle abitazioni sono contigue ai fienili, a Savogno i fienili sono raggruppati in un nucleo a parte separato dalle abitazioni, ciò per motivi igenici.
Visitiamo il borgo cercando di coglierne i vari elementi e aspetti: la segheria, il lavatoio, gli attrezzi contadini, le baite con i loggiati in legno, le strette vie lastricate. Facciamo la conoscenza con un abitante del borgo che ci spiega che è nato a Savogno, si è trasferito in valle e, raggiunta la pensione è tornato ad abitare definitivamente nel borgo natio. Facciamo sosta al rifugio, ricavato dalla scuola, per la birra e la torta prima di prendere la via di discesa sull’antica mulattiera.
La mulattiera che sale da Sarlone è stata, per secoli, l’unica via di accesso a Savogno. Conta di 2886 scalini ed è perfettamente mantenuta. Fin dal medioevo vi transitavano i bovini diretti nei pregiati alpeggi della Val di Lei la cui proprietà fu acquisita da Piuro nel 1465 per 101 fiorini d’oro. La mulattiera faceva parte del percorso che da Chiavenna porta a Coira nei Grigioni. Era una via alternativa ai più noti passi alpini del Giulio e del Settimo. Da Borgonuovo (418) si saliva a Savogno (932) per proseguire nella valle al lago dell’Aqua Faggia (2043) e scollinare al passo di Lei (2660) per scendere nella Val di Lei e quindi in Val d’Avers. Da qualche anno è stata aperta la strada per Savogno partendo da Villa di Chiavenna. E’ una strada a pedaggio (10€) e porta ad un piazzale da cui, comunque, bisogna camminare a piedi per 20′ per arrivare a Savogno.
Scendiamo sulla mulattiera che ci riporta in valle. In un punto panoramico vi sono 3 pannelli didattici riguardanti l’imponente frana che il 4 settembre del 1618 seppellì Piuro ed i suoi 1200 abitanti. Da allora il paese non esiste più anche se il comune ha mantenuto il nome di Piuro ma sono sorte frazioni sopra la frana. Opere di scavo, anche recenti, hanno riportato alla luce le rovine dei palazzi di questa località che si merita l’appellativo di Pompei delle Alpi.
Raggiungiamo la località Stalle dei Ronchi dove si trovano tre vasche per l’acqua scavate su altrettanti monoliti datate 1869. Facciamo una breve deviazione sul sentiero che fiancheggia diverse baite. In una di queste possiamo ammirare un enorme torchio di legno datato 1706.Tornati sui nostri passi riprendiamo la mulattiera che ci riporta a Sarlone e alle nostre macchine.